Sansone |
SANSONE
Una forza straordinaria e una straordinaria debolezza
Il contesto storico e socio-politico
Sansone era un ebreo della tribù di Dan. Visse circa 40 anni e fu giudice d’Israele per 20 anni (Giud. 15:20), presumibilmente dal 1070 al 1050 a.C. E’ ricordato tra gli esempi di fede (Eb. 11:32), anche se la sua vita non fu immune da cadute.
Col termine “giudice” si indicavano degli uomini che di tempo in tempo il Signore suscitava per liberare gli Israeliti dalla dominazione dei popoli vicini (Giud. 2:10-19). Il tempo dei Giudici durò circa 400 anni, tra lo stanziamento degli Ebrei nella terra di Canaan e l’inizio della monarchia. La loro azione fu spesso di carattere locale e non riguardò l’intero territorio occupato dal popolo di Dio. La Bibbia ricorda 12 giudici e Sansone fu l’ultimo di questi. Dopo di lui sorse Samuele, anche lui definito giudice (1 Sam. 7:15), ma il suo ministero fu più di carattere profetico che militare (1 Sam. 3:20).
Il territorio della tribù di Dan cui Sansone apparteneva confinava con la terra occupata dai Filistei. Questo popolo, originario del Mediterraneo, si era stanziato nella fascia litorale di quella terra che da loro prese nome, la Palestina (Es. 13:17,18). Durante la conquista della Terra Promessa, al tempo di Giosuè, questo territorio non fu conquistato e i Filistei rimasero sempre una spina nel fianco del popolo ebreo, con alterne vicende. Infine scomparvero come identità nazionale qualche secolo prima della venuta di Gesù.
La sua nascita e il contesto familiare
La nascita di Sansone fu miracolosa. La madre era sterile e il dono di questo figlio le fu annunciato dal Signore (Giud. 13:1-7). Doveva essere un Nazireo. Il nazireato era un particolare voto di consacrazione, che in genere aveva una durata di tempo limitata (Num. 6:1-12). Prevedeva tre particolari limitazioni: astensione dal bere bevande alcooliche, divieto di tagliare i capelli e divieto di contatto con i corpi morti. Queste limitazioni sono il simbolo del fatto che l’uomo consacrato a Dio deve essere pronto a rinunciare ai piaceri della “carne” (Rom. 8:12,13; Gal. 5:24), deve saper rinunciare a se stesso (Matt. 16:24) e deve guardarsi dalla corruzione del peccato e del mondo (2 Cor. 7:1; Ef. 5:3-12).
I genitori di Sansone si rivelarono persone timorate di Dio e desiderose di conoscere e fare la volontà del Signore (Giud. 13:8-23; Os. 6:3). La loro richiesta di incontrare ancora il messaggero divino venne esaudita (Matt. 7:7,8) e la messa in opera della volontà di Dio diventò prevalente a qualsiasi interesse o desiderio personale (Matt. 22:34-40; Luc. 14:26).
Sansone crebbe in buona salute e il Signore lo benedisse (Giud. 13:24). I genitori furono fedeli nella loro ubbidienza e il Signore fu fedele alla sua promessa.
Scelte da compiere
· La scelta spirituale. Non fu Sansone a scegliere di essere un Nazireo. Fu il Signore che lo chiamò a tale condizione e furono i genitori che assecondarono il volere divino. Naturalmente per Sansone si sarebbe presentato il momento di fare la sua scelta. E’ inevitabile il paragone con tanti giovani della chiesa i quali vivono per un tempo sotto la tutela spirituale dei genitori, fino a quando devono decidere in modo consapevole ed autonomo cosa fare della loro vita spirituale. La Bibbia non ci parla di un momento particolare della vita di Sansone in cui egli dichiarò esplicitamente di volere confermare la sua consacrazione a Dio in qualità di Nazireo. Sembra quasi che questo fatto fu accettato da lui come una cosa naturale.
· La scelta sentimentale. Sansone si invaghisce di una giovane filistea e vuole che i genitori la chiedano in moglie. I genitori cercano di dissuaderlo (Giud. 14:1-4). Essi ricordavano bene il comando di Dio che vietava il matrimonio con persone del mondo cananeo (Deut. 7:3,4; 2 Cor. 6:14,15). Sansone però insiste e alla fine i genitori, loro malgrado, devono accondiscendere alla volontà del figlio.
La forza di Sansone
Mentre si reca con i genitori nella cittadina dove abita la ragazza da lui scelta, Sansone viene attaccato da un giovane leone. In questa occasione si manifesta per la prima volta la sua straordinaria forza (Giud. 14:5-9). Sansone è ricordato tra i campioni della fede. Aver fede significa credere, avere certezze. In questa circostanza avere fede significò per Sansone essere sicuro di potere avere la meglio sul leone anche se umanamente era una cosa impensabile. Questa fede si manifesterà diverse altre volte nella vita di Sansone. (Is. 7:9; Matt. 21:21,22; Eb. 11:1; Giac. 1:5-8).
La forza di Sansone era certamente di natura fisica e costituiva il dono di Dio per lui da sfruttare per liberare il suo popolo dal giogo dell’oppressione filistea. E’
Amicizie pericolose e rapporti problematici
Che la scelta sentimentale di Sansone non fosse stata saggia si vide subito. Già durante il convito nuziale emerse l’incompatibilità tra Sansone e gli amici della moglie appena sposata e fu evidente il fatto che i loro interessi erano opposti (Giud. 14:10-20; Gal. 5:16,17; 2 Cor. 6:14,15). Le relazioni con il mondo sono sempre “pericolose” (Prov. 12:20; 1 Cor. 15:33; Giac. 4:4).
Sansone rivela una certa instabilità nel suo temperamento: passione, disappunto, ira, amore, vendetta si alternano nella sua vita con tutta la serie di conseguenze che questo alternarsi di sentimenti genera (Giud. 15:1-9; Is. 26:3).
Sansone sperimentò non solo l’opposizione dei nemici Filistei, ma anche quella dei propri fratelli ebrei, precisamente di quelli della tribù di Giuda (Giud. 15:9-17). Costoro non seppero o non vollero riconoscere che Sansone era lo strumento di cui il Signore voleva usarsi per liberare il suo popolo dal giogo filisteo, così come era accaduto al tempo di Mosè (Atti 7:25). Gelosie, divisioni, incomprensioni, mancanza di collaborazione, rassegnazione, fatalismo spesso si manifestano nelle chiese e tra i fedeli e ostacolano seriamente il progresso dell’opera di Dio (Matt. 12:25). Sansone fu legato dai suoi fratelli, ma lo Spirito di Dio lo investì e immediatamente si liberò delle corde che lo legavano e sbaragliò i nemici. Lo Spirito Santo è spirito di liberazione: Egli libera dal peccato, dalle cattive abitudini, dai vizi, dai cattivi sentimenti, da tutto ciò che opprime e schiaccia l’anima del credente (Giov. 8:30-36; 2 Cor. 3:17).
Dopo la straordinaria vittoria sui Filistei Sansone si trovò in difficoltà per la mancanza di acqua e allora si ricordò del Signore e lo invocò. Nel momento della vittoria sembra che pensasse solo ad autocelebrare se stesso, nel momento del bisogno riconosce l’aiuto ricevuto da Dio e cerca il suo soccorso (Sal. 119:67,71).
La debolezza di Sansone
La ragione della debolezza di Sansone stava soprattutto nella sua sensualità (Giac. 1:13-15; 1 Giov. 2:15-17; Gen. 3:6) e spesso il peccato irrompeva nella sua vita. Ebbe perfino rapporti con una prostituta (Giud. 16:1-3). L’immoralità di tipo sessuale è stata sempre presente nella società, ma nei nostri tempi essa ha assunto dimensioni preoccupanti: adulterio, relazioni prematrimoniali ed extraconiugali, omosessualità, prostituzione, pornografia, perversioni di ogni natura sono largamente diffuse e, quel che è peggio, spesso tollerate se non addirittura incoraggiate. I credenti devono sempre ricordare che la legge morale alla quale attenersi è quella biblica e non quella dominante nella società in cui si vive (Matt. 5:27-30; Rom. 1:24-32; 1 Cor. 6:9,10,15-20; 1 Tess. 4:3-7). Le indicazioni che il Signore ci dà non hanno lo scopo di limitare la nostra libertà per un “arbitrio” o un “capriccio” di Dio, ma per salvaguardare la nostra vita da amare conseguenze (Prov. cap.5; 6:20-26; cap.7).
Altro motivo di debolezza di Sansone era quello di non saper fare tesoro delle esperienze negative passate. Così tornò ad innamorarsi di una donna filistea o comunque vicina ai Filistei e in questa circostanza le conseguenze per lui furono fatali perché fu fatto prigioniero, fu accecato e fu ridotto in schiavitù (Giud. 16:4-21). Si dimostrò presuntuoso e sicuro di sé e continuò a “scherzare col fuoco” (Prov. 6:27,28). Fu indotto al sonno (1 Tess. 5:6; 1 Piet. 5:8) e mentre dormiva gli vennero tagliati i capelli, il segno esteriore della sua consacrazione a Dio e così perse la sua prodigiosa forza fisica. Era convinto di potersi liberare dai Filistei come la altre volte, ma non sapeva che il Signore lo aveva abbandonato (Giud. 16:20). I doni di Dio, la sua grazia, la sua protezione ci vengono accordati non per i nostri meriti, ma per la sua generosità, però un comportamento poco saggio ci farà perdere quello che il Signore ci ha dato (Matt. 25:28-30; Apoc. 2:4,5).
Sansone diventò oggetto
L’ultima amara vittoria
Sansone tornò ad invocare il Signore e dal Signore ricevette di nuovo la forza che gli consentì di abbattere l’edificio in cui si trovava insieme ai principi filistei e ai tanti invitati e trascinò con sé nella morte un gran numero di persone (Giud. 16:28-31). Sansone assomiglia a quei credenti che si ricordano del Signore solo nei momenti di bisogno e lo cercano solo in caso di necessità. La comunione con Dio, l’adorazione, la preghiera sono cose che invece vanno curate con continuità nella vita dei figli di Dio (Ef. 6:18; Col. 4:2; 1 Tess. 5:17; Eb. 10:24,25).
Alla fine conseguì un’ultima, strepitosa vittoria, ma a quale prezzo… Sansone avrebbe potuto essere una delle figure più fulgide della Bibbia. Aveva ricevuto dal Signore un dono straordinario, ma la sua stoltezza, la sua sensualità, il suo amore per ciò che è materiale gli fecero sperimentare sconfitte, dolore, rimpianti. Resta davanti a noi come un campione della fede, ma anche come un monito che ci deve mettere in guardia (1 Cor. 3:10-15).
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